Oggi parliamo della #maternità, il venticinquesimo argomento della nostra rubrica “Question&Answer” che si svolge ogni #giovedì!
In alcune culture, una donna è tradizionalmente considerata madre nel momento in cui nasce in lei l’idea di poter avere un bambino ed il desiderio di concepirlo. In altre, lo è nel momento in cui stringe un piccolo tra le braccia. Ma qualunque sia il suo contesto di appartenenza, solo la donna stessa può sapere quand’è che, effettivamente, si sentirà pronta a portare il nome di mamma.
Durante la gravidanza, il periodo d’attesa per eccellenza, in un tempo relativamente breve la donna deve prepararsi ad accogliere una nuova vita, stravolgendo totalmente e irreversibilmente la propria. Questo comporta importanti costi non solo fisici, ma anche psicologici e sociali. La sfera psico-sociale in gravidanza viene spesso sottovalutata, ma è la OMS stessa a dare indicazioni sulla promozione del benessere totale della donna, il cui equilibrio psichico e sociale è essenziale non solo per la propria qualità della vita ma anche per quella del futuro nascituro.
Nel corso dei 9 mesi di gestazione, l’identità della donna viene destrutturata e ridefinita: il suo corpo cambia, gli ormoni la fanno sentire disorientata, la sua femminilità assume una nuova definizione e la sua posizione all’interno del sistema familiare è modificata.
È fondamentale che la coppia non tralasci, in questa fase, l’aspetto comunicativo. Uomo e donna dovranno iniziare a pensarsi come genitori, e questo implica confidarsi timori, paure e ripensamenti, per potersi offrire sostegno reciproco e prepararsi ad accogliere la nuova vita al meglio.
La comunicazione verbale ed emotiva è fondamentale non solo per sanare e consolidare il rapporto di coppia, ma anche per instaurare una relazione col feto. La madre si trova in uno stato costante di comunicazione intrauterina, e anche il padre, attraverso il contatto coi movimenti gestazionali del piccolo e l’emissione di suoni, può instaurare un legame emotivo con lui.