Le cinque regole per imparare a gestire i bambini oppositivi hanno lo scopo di fornire qualche strumento e qualche spunto per affrontare un problema che, a quanto pare, sta diventando sempre più frequente.
Non c’è nulla di male nell’essere in difficoltà.
Anche voi, come i vostri figli, imparerete solo dagli errori commessi, tenendo a mente che chiedere aiuto non è mai una forma di debolezza. Anzi.
Molto spesso durante i conflitti con i nostri figli, ciò che facciamo è imporgli delle soluzioni non opinabili, con il risultato di finire in una lotta di potere che, come abbiamo specificato nella prima parte, è sempre meglio evitare.
Se però li mettessimo di fronte a possibilità di scelta multiple (accettabili anche per i genitori), gli permetteremmo di ragionare di più e, soprattutto, gli daremmo indietro una parte di controllo, che è esattamente ciò che cercano. L’idea è dunque quella di fornirgli più alternative simili (ad es. lasciarli scegliere se lavarsi prima i denti o fare il letto), facendoli sentire maggiormente considerati e diventando noi stessi un esempio di flessibilità.
Questo stratagemma è efficace soprattutto di fronte alle difficoltà nello studio o nella risoluzione di problemi. Calibrare piccole prove sulle capacità del bambino (ad es. dire : “è piuttosto difficile, chissà se sei in grado!” oppure “penso che ci metterai almeno 20 minuti, è difficile farlo in meno tempo”) è un metodo efficace per promuovere le autonomie del bambino oppositivo utilizzando il suo stesso linguaggio e la sua stessa logica: la sfida.
Sebbene possano sembrare sinonimi stretti, queste parole non concordano fra loro. Una delle tentate soluzioni più comuni da parte di genitori ed insegnanti è quella di elogiare il ragazzo quando ogni tanto (nessun bambino infatti fa SOLO cose negative) si comporta in modo accettabile o vi sorprende con un gesto responsabile.
Purtroppo però, neanche questo serve per gestire bambini oppositivi. Dire a colui che è stato considerato per anni “il monello” di casa che è proprio un bravo ragazzo, non farà altro che confonderlo riguardo la sua identità e con ogni probabilità provocherà subito dopo un’azione ribelle compensatoria che riporterà la situazione in equilibrio.
Nel momento in cui qualcuno fa un commento che non combacia con l’immagine che abbiamo di noi stessi, subiamo uno stress. E ciò vale per gli adulti quanto per i bambini. Ecco perchè è preferibile utilizzare il riconoscimento, ovvero un commento obiettivo circa il comportamento che si sta tenendo.
Un esempio può essere il seguente: supponiamo che vostro figlio stia provando a leggere un libro piuttosto che ipnotizzarsi davanti ai videogame. Ciò che si potrebbe fare è sottolineare l’atto in sè dicendo “vedo che stai leggendo un libro”, limitandosi a sottolineare il fatto, EVITANDO VALUTAZIONI DI STIMA del tipo : “sono orgoglioso di te” oppure “stai diventando bravo” ecc.
Una volta fatto, ci si dovrà allontanare per evitare di cadere in tentazione aggiungendo qualcosa che rovinerà il vostro intervento.
La tecnica comunicativa ha un duplice effetto: in primo luogo il ragazzo sarà interessato ad ascoltarvi di più, certamente come effetto del commento positivo, ma soprattutto perchè sarà detto senza nessun tipo di giudizio, bello o brutto che sia.
In secondo luogo, i riconoscimenti saranno lo stimolo che gli permetteranno di capire quali comportamenti adottare in futuro.
Non dobbiamo mai dimenticare che i bambini oppositivi hanno un bisogno estremo di sapere quando i loro comportamenti sono appropriati o inappropriati. Di conseguenza avranno bisogno che i loro sforzi per migliorare vengano riconosciuti e ricompensati in qualche modo, e gli adulti spesso si dimenticano di farlo. Il mancato riconoscimento dei piccoli passi da parte del genitore spesso porta ad una grande frustrazione per il ragazzo e ad una regressione nel comportamento.
L’idea invece è quella di prendere di mira un comportamento specifico che vorreste modificare (ad es. il fatto che si dimentica di fare lo zaino la sera prima) e dire a vostro figlio che cosa vorreste ottenere, usando termini chiari e positivi (“vorrei che facessi questo”) piuttosto che termini negativi (“vorrei che non facessi questo”).
A questo punto, parlando con lui, chiedetegli cosa ne pensa e quale sarebbe secondo lui il primo passo per raggiungere l’obiettivo finale. E’ molto importante non aspettarsi troppo e subito, ma riuscire ad aspettare il primo segnale in direzione positiva e sottolinearlo con decisione, a parole (“Ho notato che hai riordinato i libri”) o con post-it sparsi per casa a seconda del problema.
Nonostante il cambiamento proceda per gradi, è importante tenere d’occhio ogni piccolo risultato per ottenerne, alla fine, uno più grande.
La consulenza di uno specialista altamente consigliata in ogni caso. Il colloquio con un esperto infatti è essenziale per poter calzare le adeguate strategie al problema, risparmiando tempo ed energie (se ancora ne avete qualcuna).
La seconda è un invito a non cedere. Mai.
Perchè, pur con la guida giusta, potreste riscontrare un cambiamento repentino, ma potrebbe anche volerci del tempo e non bisogna perdersi d’animo.
Una volta scelta la strategia da seguire, non importa quanto miserabile potrà sembrare la vostra vita o quanta abilità vostro figlio avrà nel farvi sentire senza speranze, voi non dovete mollare.
Poichè quando si ha a che fare con un bambino particolarmente testardo, il braccio di ferro é sempre duro e faticoso, ma sarà vinto da chi mollerà per ultimo e se le cose non funzionano al primo tentativo, ci sarà sempre un’altra possibilità di riscatto.
Questo è l’unico modo per operare un cambiamento e tirare, finalmente, un sospiro di sollievo.
Dott. Dario Coderoni
Psicologo clinico, laureato in Neuropsicologia, e Psicoterapeuta.
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