LA DISPERSIONE SCOLASTICA: DEFINIZIONE, CAUSE E DIFFUSIONE DEL FENOMENO
Tra le problematiche principali affrontate dalla scuola e per le quali si rende necessario un profondo intervento a livello psicologico c’è quella della dispersione scolastica. Il termine stesso definisce un fenomeno che coinvolge più parti: il soggetto, da considerare in tutta la sua complessità, che abbandona gli studi; ed il sistema scuola, che produce la dispersione, ovvero che pone le condizioni affinché il soggetto prenda la decisione di allontanarsi ().
Secondo quanto riportato dal MIUR nel 2019, in Italia lo 0,69% degli studenti (nello specifico lo 0,77% degli alunni maschi e lo 0,59% delle alunne femmine) nelle scuole secondarie di primo grado ha abbandonato gli studi. Nelle scuole secondarie di secondo grado la situazione è ancora più allarmante, coinvolgendo il 4,6% degli studenti ed il 3% delle studentesse. La tendenza all’abbandono degli studi sembra essere maggiormente distribuita nelle aree del paese più soggette a disagi, in particolare nelle regioni del Sud e nelle Isole, dove il tasso di abbandono scolastico tra i liceali raggiunge il 4,7% della popolazione studentesca. Emerge inoltre come il fenomeno sia maggiormente incisivo tra gli studenti stranieri, nati all’estero o nati in Italia da genitori stranieri, rispetto a quelli con cittadinanza italiana ().
La decisione di abbandonare il percorso scolastico non è univoca, e dipende da molteplici fattori socio-economici relativi non solo allo studente protagonista della vicenda, ma anche a tutti i sistemi in cui esso è inserito: la famiglia, la scuola, il quartiere, la comunità e così via. Dall’analisi di questi fattori, Giullari e Rossi (2014) hanno individuato quattro categorie di dispersione scolastica:
I. Dispersione Meccanica: abbandono definitivo del percorso formativo, spesso senza aver raggiunto un titolo formale, e senza tracciamento da parte delle istituzioni;
II. Dispersione Differita: insieme di eventi che facilitano il rallentamento degli studi e la loro provvisoria interruzione (assenze frequenti, bocciature, basso rendimento, ecc.);
III. Dispersione Occulta: mancato sviluppo di competenze utili alla realizzazione personale e lavorativa nonostante il conseguimento di un titolo di studio. È spesso legata a percorsi scolastici caratterizzati da disagio e disinteresse sui quali non è mai stata svolta un’azione di recupero;
IV. Dispersione Sociale: dovuta a condizioni di esclusione, anche sulla base di espressioni culturali e valoriali coltivate nelle famiglie. In tal caso la dispersione va ad intrecciarsi con i temi dell’inserimento e della marginalizzazione della diversità etnica e territoriale ().
L’INTERVENTO PSICOLOGICO NEI CASI DI DISPERSIONE
É fondamentale dunque che l’intervento psicologico nell’ istituzione scolastica possa tenere conto, nel momento in cui si ritrova a gestire studenti che manifestano l’intenzione di abbandonare gli studi, di tutti i possibili fattori coinvolti in tale presa di decisione per poter intervenire in maniera efficace sul problema, e portare avanti percorsi di prevenzione incentrati sulle specifiche problematicità esistenti nella scuola ().
Nel caso della dispersione scolastica l’intervento di psicologi ed educatori andrà dunque a concentrarsi non solo sul ragazzo, con le sue specifiche difficoltà che lo portano a prendere la decisione di interrompere gli studi (difficoltà di apprendimento, economiche, sociali, problemi di bullismo, ecc), ma anche sulla famiglia, che potrebbe supportare o meno tale decisione, essendo dunque la causa della scelta o manifestando un’incapacità educativa nel caso in cui non fosse riuscita a dissuadere il ragazzo da simile decisione. Particolare attenzione andrà infine riservata al sistema scolastico, insegnanti e compagni di classe compresi, che potrebbe essere causa di sofferenza per gli studenti in difficoltà.
QUANDO LA DISPERSIONE E’ DOVUTA A DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO
Molti ragazzi prendono la decisione di abbandonare gli studi a causa di difficoltà nell’apprendimento. Essi non riescono a stare al passo coi compagni e ritengono quindi di non essere portati per gli studi e di non avere un futuro in tale ambito.
In verità, quando un ragazzo, nonostante l’impegno, manifesta persistenti difficoltà ad apprendere, è molto probabile che il metodo di insegnamento a lui impartito e quello di studio da lui utilizzato non siano adeguati ai suoi modelli mentali. Al di là delle difficoltà linguistiche incontrate dagli studenti stranieri, per cui la scuola dovrebbe a tutti gli effetti fare uno sforzo in più, è importante che il metodo di studio sia personalizzato in base alle esigenze di ogni studente. È stato ormai ampiamente dimostrato che non tutte le persone utilizzano le stesse strategie mentali e che quelle che funzionano per alcuni individui non corrispondano alle più adeguate per altri.
È fondamentale dunque che di fronte ad una difficoltà di apprendimento insegnanti, genitori, educatori e psicologi si mobilitino, innanzitutto per sondare il sospetto che possa essere insorta una patologia legata all’apprendimento (DSA), all’attenzione, al linguaggio o di natura neurologica, e poi per aiutare gli studenti a scoprire quale metodo funzioni meglio per lui, in modo che l’apprendimento non rappresenti più uno sforzo infruttuoso ma una sfida a migliorarsi sempre.