Che cosa significa essere donna?
Per millenni, secoli, e forse ancora oggi, essere donna ha significato e significa, sostanzialmente, non essere uomo. In una società fallocentrica dove fino a pochi decenni fa tutto era pensato per gli uomini, le donne potevano essere solo ciò che gli uomini non erano: bambine, fonti di piacere e madri. Tutte le altre posizioni sociali erano riservate solo ed esclusivamente agli uomini.
È esperienza comune, nell’universo femminile, aver desiderato almeno una volta di essere nata maschio. E non solo per la rinomata invidia del pene di cui parlava Sigmund Freud, ma perché essere maschio sembra essere molto più facile che essere una donna che prova a fare l’uomo.
Nel tentativo di emanciparsi e ottenere una posizione che, in società, fosse considerabile al pari di quella dei maschi, infatti, le donne si sono ritrovate a ricercare proprio quelle che sono le caratteristiche tipiche del genere maschile. Allo stesso tempo, in un momento favorevole in cui, ispirati forse dalla ribellione femminile, gli uomini hanno compreso di poter abbassare la guardia e mostrarsi, per la prima volta nella storia, vulnerabili, anch’essi hanno iniziato a mostrare sempre più caratteristiche associabili al genere femminile. In tal modo, tuttavia, non si può affermare di aver ottenuto parità tra i sessi. Essa sarebbe presente solo nel momento in cui, ognuno nel genere in cui si identifica, potesse essere considerato valido e ugualmente importante nonostante le proprie fragilità, o forse proprio per quelle.
Jung, nella sua psicologia analitica, individuò due elementi strutturali dell’inconscio collettivo: l’anima, o eros (amore), principio tipicamente femminile che conduce all’affettività e alla cura; e l’animus, o logos (ragione), elemento maschile caratterizzato da controllo, riflessività e razionalità. Questi due principi sembrano riflettere in modo quasi stereotipato quelli che sono sempre stati i ruoli di uomini e donne in società, ma in realtà quel che sosteneva Jung è che in ogni donna è presente anche l’animus, così come in ogni uomo è presente l’anima. Ogni essere umano presenta dunque sia componenti maschili che femminili, ma a causa delle forti pressioni sociali una delle due è sempre stata soppressa, dando una smisurata importanza all’altra. Ottenere parità tra i sessi non significa, però, porre anima ed animus allo stesso livello, bensì riconoscere la presenza di una componente maschile o femminile in noi, accettarla e lasciarle il suo spazio, senza avere paura che possa emergere e senza tirarla fuori ad ogni costo.
Per poter trovare il proprio posto all’interno della società, risulta essere fondamentale che ogni donna, nel suo singolo, capisca prima chi è e chi vuole essere. Affermarsi non significa cambiarsi per adattarsi ad un mondo esterno già creato, ma trovare la forza ed il coraggio di far sì che sia quel mondo a lasciarsi cambiare.